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Immagine del redattoreRiccardo Marongiu

Sourmash, Autodromo di Imola

Aggiornamento: 30 ago 2023

Imola ha un grande e mitico autodromo dove si è corso con ogni genere di mezzo, con due o quattro ruote.

Ci troviamo lì per un concerto con la band Sourmash a metà maggio del 1979, durante il Gran Premio motociclistico delle Nazioni, quarto appuntamento del MotoMondiale di quell’anno. Allora l’autodromo era intestato a Dino Ferrari, poi alla morte del padre è diventato Enzo e Dino Ferrari. È sabato, corrono le 125 e vince il solito Angel Nieto, ma ci sono anche le prove che stabiliranno la griglia di partenza di domani, dove nelle 500 vincerà il grande Kenny Roberts. Mentre si corre noi siamo impegnati nell’allestimento dello spettacolo che avrà luogo la sera. Con noi sul palco ci sono altri artisti: la Hard Times blues band, Andy J.Forest e John Martyn.

Ecco una foto della locandina, la grafica è proprio di altri tempi:



Va tutto bene e senza intoppi, il service è molto professionale, il palco è grande, l’atmosfera fantastica.

Ci prepariamo per la serata. Attorno ci sono migliaia di appassionati accorsi da tutta Europa con le loro motociclette le più varie, le più incredibili: Harley Davidson a gogò, Ducati, Honda, Yamaha e tutto il resto. Moltissimi dormono in tenda, accampati all’interno del circuito, diventato una comune di intenti e passioni.

È fantastico, ci troviamo coinvolti in uno di quegli eventi che si vedono nei film…

Gira una strana voce... si spera che Pier Luigi Ighina, (Wikipedia) l’eccentrico ricercatore che abita in una casa all’interno dell’autodromo non decida di far piovere. Dicono che non ama il casino che c’è durante le corse e fa quindi dei dispetti. Mi domando come sia possibile credere che un uomo possa far piovere a comando come, quando e dove vuole. Sono tutte storie, favolette. E poi il cielo è azzurro! Vabbè… Arriva sera, le luci sul palco scintillano, il posto è gremito da gente vestita in tutti i modi possibili, la pelle nera domina e qualcuno è abbigliato in modo pittoresco.

Sono migliaia e migliaia, è ora. Inizia il concerto.

Se ricordo bene ha aperto Andy J.Forest, poi è toccato alla Hard Times, poi abbiamo suonato noi di Sourmash. E fin qui tutto perfetto ma… Durante l’ultimo nostro brano scoppia un acquazzone improvviso, noi andiamo un po’ avanti ma dobbiamo desistere, smonto di corsa la mia attrezzatura e la metto al coperto da qualche parte. È al sicuro, meno male. Ma John Martyn, fregandosene altamente del maltempo e da grande uomo di spettacolo, sale lo stesso sul palco, imbraccia la chitarra e porta a termine il suo set!

(Wikipedia) È seduto su una sedia metallica, ha una chitarra con corde metalliche e il microfono.

In ogni dove passa corrente, è pericolosissimo!

Giangio, il nostro cantante, si mette dietro John, cercando di proteggerlo con un ombrello per quello che si può. Si inzuppa fino alle ossa ma il gesto è eroico. Se qualcosa andasse storto nell’impianto elettrico John potrebbe lasciarci le penne lì sul palco in diretta. Speriamo tutti che lo scarico a massa sia fatto bene! È comunque grandioso, un testardo scozzese che va avanti comunque a testa alta:

the show must go on. Una lezione per tutti noi. Mi dico... sta a vedere che Ighina c’entra qualcosa con la pioggia. Magari gli stiamo dando fastidio, visto i volumi del gigantesco impianto di amplificazione lì montato. Magari è uno che va a letto presto! Anni dopo vengo a sapere che, pur essendo considerato uno pseudo-scienziato e un mezzo matto, i gestori dell’autodromo di Imola lo andavano a pregare in ginocchio prima delle gare, supplicandolo di non far piovere. E qualche volta lui aderiva alle istanze. Ufficialmente era considerato un folle ma nella pratica invece gli si dava ragione… Insomma, finito il concerto la pioggia smette istantaneamente, il cielo si riapre, torna il bello e tutti noi possiamo smontare tranquillamente le nostre attrezzature.

Ha smesso di colpo? Penso di nuovo a Ighina… Tutti noi siamo stati galattici, in particolare John, che ci ha fornito una lezione di come si fa a fare spettacolo. Finito tutto da un pezzo siamo ancora li a chiacchierare e scambiarci opinioni prima di ripartire mentre la crew del service sta mettendo via le ultime cose.

Lì vicino il gestore del baretto, un capanno di legno dipinto di verde, sta finendo di chiudere. Sta sprangando tutto sai, non si sa mai con la fauna che gira nel posto. Tutto è tranquillo, gli ultimi ritardatari se ne stanno andando, qualcuno fuma l’ultima sigaretta, insomma la solita atmosfera post concerto. Ecco che arrivano una ventina di motociclisti vestiti di pelle a bordo delle loro Harley Davidson, dal tipico suono brontolante. Sembrano tipacci, non sono italiani, forse olandesi o tedeschi. Chiedono al gestore del baretto, che stava chiudendo a chiave la porta per andarsene definitivamente, se dà loro da bere le ultime birre. No ormai è tutto chiuso, non si può fare.

In un italiano stentato continuano: Te le paghiamo di più! Abbiamo sete! No guardate è tardi ormai facciamo domani. Te le paghiamo il doppio! Abbiamo sete" No no, ho chiuso. Si alzano le voci, si infiammano gli animi e detto fatto i bikers a catenate assaltano il chioschetto del bar. È impressionante: urla, botti, cigolii! D’un tratto casca tutto! Il baretto non resiste all’attacco, e si apre come una scatola di sardine. Hanno divelto pareti, distrutto il bancone, perfino il tetto è caduto! C’è un assalto barbaro, si fruga tra le rovine: bottiglie di gin e whisky, birra, salatini e quant’altro sono il bottino del raid. Avevano sete han detto... Noi per sicurezza ci allontaniamo intimoriti dalla scena del delitto, che non vogliamo avere niente a che fare con gli Unni! In genere con i musicisti non se la prende nessuno ma non si sa mai. Il gestore è scomparso chissà dove, magari è seppellito li sotto. Ci diciamo che forse gli conveniva dare le birre al doppio del prezzo, gli han detto che avevanoi sete! Finita la razzia i bikers girano li attorno come pellerossa attorno al cerchio dei carri Conestoga, poi si allontanano con i motori che girano a mille, sollevando un tale polverone che, illuminato dai fari delle moto, fa sembrare di essere in un film di Spielberg. Torna la pace, ce ne torniamo a casa.

Che serata ragazzi!


Riccardo Marongiu©

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